Negli Stati Uniti sta guadagnando attenzione, anche da parte dei media mainstream, il caso di Cyntoia Brown, una giovane donna afroamericana che si trova incarcerata in Tennessee condannata all’ergastolo e con la possibilità di uscire in libertà condizionata solamente dopo 51 anni di carcere. Il suo caso è il classico caso in cui più tipi di oppressione si intersecano strettamente tra di loro. Dopo un’infanzia non facile venne costretta, appena adolescente, a prostituirsi da un pappone che l’abusava abitualmente. A sedici, nel 2004, anni uccise un agente immobiliare quarantatreenne che l’aveva comprata dal suo pappone e venne, in seguito, arrestata. Ha sempre dichiarato di avere agito per autodifesa ma venne processata come adulta e condannata in base all’accusa mossa dal procuratore distrettuale – l’equivalente del pubblico ministero – ovvero di avere agito con lo scopo di derubare il morto, in quanto allontanandosi dalla scena dell’omicidio portò via con sé dei contanti e la perizia balistica avrebbe stabilito che il colpo fatale è stato esploso alle spalle.
Un caso in cui si miscelano chiaramente gli elementi dell’oppressione di classe, di genere e di razza.
Schiavizzata da un infame, abusata psicologicamente e fisicamente da questi in quanto donna, venduta come merce, proveniente da una situazione di povertà economica, appartenente a un “gruppo etnico” oppresso.
Da lì finita nelle maglie di un sistema giudiziario classista e razzista, processata come un adulto in spregio alle stesse regole del diritto liberale, condannata a una pena detentiva lunghissima.
Il suo caso aveva già destato scalpore all’epoca ma ora sta tornando d’attualità: il sei dicembre 2018 la corte suprema dello stato del Tennessee ha confermato che potrà essere rilasciata sulla parola solo dopo cinquantuno anni di carcerazione. Immediatamente i gruppi di attivisti e di militanti che avevano seguito il caso hanno fatto partire una campagna per farle concedere la grazia, e di conseguenza l’immediata libertà, da parte del governatore repubblicano dello stato. Questi è stato costretto a prendere parola pubblicamente dopo essere stato messo alle corde da parte di un attivista di Black Lives Matter durante un incontro sul sistema educativo del Tennessee che si teneva presso l’università dove Cyntoia si è laureata mentre era già in carcere. Il governatore, che è uscente e da qua a sei settimane terminerà il suo mandato, ha fatto una tiepida apertura verso la concessione della grazia dichiarando che il suo ufficio sta considerando la questione.
Immediatamente è stata intensificata la campagna a favore della prigioniera, raccogliendo cinquecentomila firme in favore della liberazione della Brown, organizzando manifestazioni e presidi e facendo partire una campagna stampa che ha guadagnati l’attenzione dei media nazionali sul caso.
Ancora una volta si dimostra come la giustizia sotto il regime della borghesia non è altro che un’illusione e che solo la mobilitazione dal basso potrà ottenere la libertà per i prigionieri.
Gli Stati Uniti sono il paese con il maggior rapporto carcerati/popolazione al mondo, i frutti della crisi capitalista sono stati affrontati, si dagli anni settanta, con la carcerazione di massa e con politiche carcerarie tese a massimizzare il profitto costringendo i detenuti a lavori malpagati o gratuiti che sono la diretta prosecuzione della schiavitù.
Le lotte dei carcerati americani di questi anni, compresi gli scioperi dei lavoratori detenuti, le rivolte carcerarie, gli scioperi della fame, gli atti di resistenza individuali e collettivi, si inseriscono nel generale fermento che investe il paese. La lotta di Cyntoia Brown è la lotta di tutti e tutte coloro che sono stati imprigionati da un sistema basato strutturalmente sull’oppressione e sullo sfruttamento.
lorcon